lunedì 23 gennaio 2017

Siamo tutti tuttologi. Di quando le persone pretendono di esprimersi in ogni campo del sapere, prediligendo le catastrofi


Ho sempre creduto di avere uno sguardo sul mondo disponibile e comprensivo. L’empatia è stata spesso la mia guida, più per inclinazione che per ragionamento, come familiare mi è stata sempre una certa tendenza all’ascolto. Ma caspita, ci vuole proprio un gran cuore oggi, a tentare di tenere ancora quello sguardo aperto e fiducioso sul mondo. Se è vero che la fiducia nelle relazioni va coltivata, come è vero che la stima si deve conquistare sul campo, con le azioni e con l’esempio, operativamente e senza chiacchiere, beh, allora, genere umano mio, siamo proprio messi male.

Siamo messi male quando deroghiamo alla nostra consapevolezza critica – ne abbiamo tutti, no? Ditemi che è così - in favore di una cultura digitale che omologa tutti verso il basso; siamo messi male quando prendiamo per oro colato, un pensiero, una informazione, quando neanche il buon senso fa più da censura. Siamo messi male quando, all’indomani di tragedie umane o calamità naturali, diventiamo tuttologi, esperti, specialisti di materie e settori di cui, prima dell’accaduto, non né avremmo sospettato neanche l’esistenza. Siamo messi male quando impartiamo consigli, quando facciamo previsioni, quando seguiamo la eco dell’invasione degli imbecilli, per dirla alla Eco, Umberto, intendo. Perché, se è vero che noi no, noi non seguiamo gli imbecilli, sicuramente li leggiamo, ci conviviamo e spesso cerchiamo di limitarne i danni. E forse, spesso, lo siamo anche noi. Più o meno, consapevolmente. Perché sì, l’imbecille fa più danni della grandine. Crea scompiglio, genera malintesi, caos. L’imbecillità è una condizione umana trasversale, senza distinzione di sesso, appartenenza politica, titolo di studio, professione o status economico. E’ arrogante il disprezzo contro l’imbecillità, come arroganti sono i giudizi perentori, decisi, fermi, dati senza alcuna cognizione di causa se non quella di una sommaria lettura di qualche post che funge da fonte primaria di informazione, o qualche convinzione di troppo.
E’ questo crea un danno enorme alla collettività.
Lo crea l’allarmismo contro i vaccini, perché fanno calare le coperture di tutti, facendoci arretrare di quindici anni; lo creano le proposte senza senso di una gestione alternativa dell’emergenza, che indeboliscono le responsabilità, non le rafforzano. Non si può dire che non ha funzionato la Protezione Civile, quando fanno parte del Servizio Nazionale di Protezione Civile i Vigili del Fuoco, le Forze dell'Ordine, le Forze Armate, il Corpo Forestale, la Croce Rossa, nonché tutta la Comunità Scientifica, il Soccorso Alpino e le strutture del Servizio Sanitario Nazionale. Non lo puoi dire con il sedere al caldo mentre tonnellate di neve inghiottono gente che, di riffa o di raffa, altri tentano di salvare. Puoi farti delle domande, puoi chiederti delle cose. Ma credo ci sia un tempo per il dolore e uno per la ricerca di cosa non ha funzionato e del perché non ha funzionato. E purtroppo sono molte le cose che in questi giorni in questo paese martoriato da scosse, gelo, incapacità, non hanno funzionato senza che vi si aggiunga il peso dell’imbecillità. Il danno lo creano le false informazioni, i qualunquismi, lo scarica barile, nella stessa misura di come lo creano le battaglie tout court. Perché anche gli obiettivi delle battaglie li devi scegliere bene. Specie in tempi di magra. Che se sai che puoi ottenere solo due, è inutile chiedere cinque. Abbassa le pretese e sii più realista, altrimenti rischi di perdere pure quei due.
Sarà che le delusioni più grandi sono quelle legate alle aspettative grandi, genere umano mio.
E siamo messi proprio male se ci allineiamo ad un piattume che ci rende più banali e mediocri di quanto effettivamente non siamo.