Dice che,
bisogna
essere leggeri. Dice che bisogna ridere, che quando si ride si è più belli. Che
gli occhi diventano le pagliuzze della luna, due linee tratteggiate, come i
contorni fluidi delle nuvole. Dice che se si ride di gusto la vita ri-sorride,
una sorta di specchio magico. E più si è leggeri più si va in alto. Tornare a volare dopo una legnata, mica è
cosa facile. Ci vuole l’abilità del giocoliere, la costanza dell’esercizio e
una bella sbronza. Che se sei leggero, tutto questo viene meglio. Perché si sta
un gradino sopra. Sopra i dispiaceri, sopra le sfortune. E li si guarda
dall’alto in basso, e pure con un atteggiamento un po’snob. Di quelli con la
puzza sotto il naso, perché il naso lo hai in su, a guardare le linee
tratteggiate delle nuvole dai contorni fluidi. A quel punto gli occhi non sono più
solo fessure che lasciano oltrepassare fili di luce ma sono anche balconi
fioriti da cui sporgersi nelle sere d’afa estiva. Sta di fatto, tuttavia che, il
problema sia sempre lo stesso: è facile essere felici, quando si è felici. In
quel caso, si è leggeri come la figlia di Bianca Balti.
Poi però, devi far i conti con l’altro problema.
Quello del sentire. Che cozza con la voglia di ridere, litiga con la
leggerezza, si azzuffa con la levità.
Ed io sento.
“Io sento.
Ho questa orchestra pazza e stonata nella testa con cui mi sveglio ogni mattina.
Questo buco nel cuore per cui tutto mi attraversa fino a investire respiro e ragione.
E ti assicuro che non avrei voluto essere così.
C'erano giorni in cui mi sembrava di soffrire per il dolore di tutti.
Mi convincevo che ogni animale seviziato, ogni bambino deriso, ogni foresta abbattuta, fossero una ferita all'anima del mondo di cui io dovevo considerarmi responsabile.
Non mi voglio giustificare ma gradirei che almeno tu lo comprendessi.
Il problema di nascere e crescere con questa maledizione di sentire tutto, troppo.
E rischiare, proprio per questo, di perdersi.
Di accettare la realtà roteando un'ascia fra le mani, colpendo a caso.
Fino a rimanere sola.
E non capirci, di nuovo, più niente”.
Ho questa orchestra pazza e stonata nella testa con cui mi sveglio ogni mattina.
Questo buco nel cuore per cui tutto mi attraversa fino a investire respiro e ragione.
E ti assicuro che non avrei voluto essere così.
C'erano giorni in cui mi sembrava di soffrire per il dolore di tutti.
Mi convincevo che ogni animale seviziato, ogni bambino deriso, ogni foresta abbattuta, fossero una ferita all'anima del mondo di cui io dovevo considerarmi responsabile.
Non mi voglio giustificare ma gradirei che almeno tu lo comprendessi.
Il problema di nascere e crescere con questa maledizione di sentire tutto, troppo.
E rischiare, proprio per questo, di perdersi.
Di accettare la realtà roteando un'ascia fra le mani, colpendo a caso.
Fino a rimanere sola.
E non capirci, di nuovo, più niente”.
Se si riesce a
ridere con questo dentro, è fatta…