giovedì 26 marzo 2015

Terni Tattoo Convention


Sabato 28 e domenica 29 si svolgerà a Terni presso il Centro Multimediale CMM, negli stabilimenti delle Ex Officine Bosco, la seconda edizione di Terni Tattoo Convention iniziativa organizzata dalla “Tattoo ForLife” Associazione senza scopo di lucro che persegue finalità di solidarietà sociale sostenendo progetti di utilità sociale al fine di dare un concreto beneficio alle persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, etniche, sociali e familiari. La “Tatto For Life” nasce da una duplice passione. La passione per i tatuaggi e il bisogno emotivo di declinare questo interesse in attività di sostegno e aiuto concreto nei settori dell’assistenza, della ricerca medica, della beneficienza, dello sport e nella tutela di coloro che si trovano a vivere situazioni di forte criticità. La prima edizione di Terni Tattoo Convention ha devoluto 20.000 euro al Dipartimento di Neonatologia medica e Chirurgica Unità operativa di chirurgia Neonatale dell’Ospedale del Bambino Gesù di Roma per uno studio collaborativo Europeo sulla Sindrome da intestino Corto, sindrome che colpisce neonati, lattanti e bambini e rende obbligatoria la nutrizione artificiale. Ho assistito alla presentazione del progetto, in una sala consiliare riscaldata dalla presenza di un bimbo delizioso e dei suoi genitori- rispettivamente presidente e tesoriere dell’Associazione - entrambi tatuati fino ai denti, che con la forza e la grinta di chi combatte per rendere la vita del proprio figlio, migliore, hanno raccontato con estrema dignità come il loro piccolo abbia bisogno che la ricerca vada avanti in questo tipo di malattia. L’edizione 2015 della Tattoo Convention si prefigge la raccolta fondi per il sostegno e la continuità del progetto di ricerca nella speranza che possa essere attivato un data base europeo per la condivisione di un unico protocollo di approccio diagnostico e terapeutico, che crei un network europeo di ricerca di metodi standardizzati da confrontare mirando a migliorare la qualità della vita dei bambini e delle famiglie coinvolte.  Se nel fine settimana non avete impegni, fateci un salto. L’ingresso è aperto nella giornata di sabato dalle 12.00 alle 24.00 e in quella di domenica dalle 10.00 alle 22.00.

Al di là della nostra natura piuttosto spontanea e non raffinata, la sensibilità dei ternani mi colpisce sempre positivamente. Quando c’è bisogno di sentimento, noi diamo il meglio di noi.

 

 

mercoledì 25 marzo 2015

Gonna o pantaloni?


 Ho messo una gonna, dopo secoli.

Ho tirato le calze e le ho strappate creando una voragine dalla polpaccio in su.

Ovviamente ero già in ufficio.

martedì 17 marzo 2015

I bambini sintetici di Dolce&Gabbana


Avevo deciso di non intervenire nella polemica scoppiata dopo l’intervista rilasciata a Panorama dagli stilisti Dolce&Gabbana, perché sono giunta a una fase in cui ho capito che non sono più disposta a spendere energie importanti in stupide faccende. Preferisco, magari, mettermi carponi insieme a mio figlio e ruggire come un dinosauro, con un cappello con le punte sulla testa e un corno finto in viso, gridando sono un triceratopo. Lo trovo più edificante. Ci sono però questioni davanti alle quali mi è impossibile tacere. Perché se qualcuno si permette di dare a mio figlio del “sintetico”, l’unica cosa che posso fare è scagliarmi contro come una furia con la ferocia e l’impeto di un animale ferito che difende la sua prole.

Ferma restando la libertà di ognuno di esprimere la propria opinione, libertà più limitata rispetto alle altre se sei un personaggio pubblico e se le tue idee possono veicolare messaggi sbagliati, con semplicità e leggerezza errata, inaccettabile, su una questione talmente delicata e importante che necessita la massima attenzione, una seria competenza nel trattare l’argomento e una sincera sensibilità, trovo tutta la diatriba di un livello vergognoso e deprimente, più per l’incompetenza che per la pochezza dei contenuti delle posizioni espresse.

Poiché le parole hanno un significato, un senso compiuto e la comunicazione soggiace a regole precise e lo scrivere, oltre ad essere tecnica, deve essere anche sentimento, affermare che i bambini nati da fecondazione artificiale sono “sintetici” equivale a dire che sono bambini di secondo ordine, bambini nati da un Dio minore, bambini con status diverso rispetto ai figli nati naturalmente e questo è decisamente intollerabile. Ritengo molto più violenta una tale affermazione, piuttosto che il boicottaggio verso la merce griffata D&G, che peraltro non ho mai comprato, trovandola semplicemente, brutta. Il signor Dolce non ha la ben che minima idea di cosa sia una tecnica di procreazione medicalmente assistita, né che esistano diversi livelli di tale tecnica, né cosa sia una fecondazione omologa o una eterologa e mescola, senza cognizione di causa, uteri in affitto, madri surrogate, bambini nati da un catalogo, con una sciatteria e una trascuratezza al limite del sopportabile, che neanche Giovanardi nel suo massimo splendore.

Ma andiamo per gradi.

La prima dichiarazione sconcertante è la dichiarazione sulla famiglia “tradizionale”. Alla domanda “Che cosa sia la famiglia - Dolce risponde: ” Non abbiamo inventato mica noi la famiglia. L’ha resa icona la sacra famiglia, ma non c’è religione, non c’è stato sociale che tenga: tu nasci e hai un padre e una madre. O almeno dovrebbe essere così, per questo non mi convincono quelli che io chiamo i figli della chimica, i bambini sintetici. Uteri in affitto, semi scelti da un catalogo. E poi vai a spiegare a questi bambini chi è la madre. Ma lei accetterebbe di essere figlia della chimica? Procreare deve essere un atto d’amore, oggi neanche gli psichiatri sono pronti ad affrontare gli effetti di queste sperimentazioni’”.

Ecco, dichiarazioni del genere mi fanno venire la nausea, cadere la braccia e inorridire, perché confondere la “necessità biologica”di un uomo e una donna, la genetica, o il dna di uno dei due, con il ruolo di un genitore, con chi crescerà un figlio, magari con un patrimonio genetico diverso da quello di chi ha fornito il gamete, significa, non solo disprezzare un atto d’amore ben più potente di un semplice atto sessuale, ma anche l’istituto dell’adozione e ogni forma di trasmissione d’amore che non possa essere catalogata dentro un modello familiare unico che, viva Dio, cambia con la società, il tempo, con i paradigmi culturali di una comunità. Secondo la visione della famiglia tradizionale del sig. Dolce, madre-padre-bambino, non dovrebbe esserci posto neanche per la famiglia composta di genitori single (ma anfatti, tu madre rimasta sola dopo che lui ha scoperto che sei rimasta incinta, perché non butti sto figlio, che pure piange tutta la notte, sporca, rutta e fa la cacca a dismisura? Stesso dicasi se lei o lui ti ha mollato per un’altra, o se si è permesso di morire senza preavviso), non è famiglia una coppia senza figli, non è famiglia una coppia di due sorelle/fratelli, non è famiglia, se non quella di tipo tradizionale. Bene. Ora mi domando come per tutti questi anni si siano percepiti i due, legati da una relazione sentimentale, condizione già di per se, bastante, per ritenersi una famiglia. Ma si sa, il pulpito da cui si predica è sempre molto soggettivo. Ma la cosa che trovo davvero esecrabile è che tutta questa faccenda sia stata imbastita e programmata per pubblicizzare il brand dei due sarti che, comunque rimangono tali, senza nulla togliere al valore del lavoro sartorile che, ha comunque poco a che fare con il voler diffondere temi valoriali. Tutta la faccenda è una strategia di comunicazione del marchio D&G fatto però sulla pelle dei bambini “sintetici” e sulle coppie che realmente fanno della incapacità di riprodursi una malattia di vita e di sogni. Si ripropone quello che era già successo con le dichiarazioni del Gruppo Barilla sui gay e sulla loro idea di famiglia mulino bianco, poi ritrattate e ridimensionate con azioni pro gruppi Lgbt. Nel caso dei due sartini, invece, è stata studiata a tavolino una strategia di comunicazione inneggiante alla famiglia tradizionale che, va ormai avanti da anni a sostegno di una coppia, non proprio tradizionale, che così si è comprata una parte di quel pubblico cui altrimenti non sarebbe mai arrivata. Niente di male, direbbe Oliviero Toscani, uno dei più famosi fotografi e pubblicitari del mondo il quale, insegna che, se vuoi centrare il core di una questione, devi spararla, in questo caso fotografarla, grossa, se vuoi che faccia parlare di sé. Il problema, quindi, non si porrebbe, se non si trattasse di bambini, dichiarati “sintetici” che letteralmente significa, non naturali, artificiali, costruiti, manipolati, contraffatti, alterati e di un tema tanto intimo e delicato da richiedere il massimo rispetto e la più profonda empatia.

Personalmente continuerò a non comprare gli abiti e gli accessori di D&G. Ma mentre prima mi limitavo a pensare che fossero due stilisti sul mercato internazionale, oggi aggiungo che sono due stilisti sul mercato internazionale, ma umanamente dei “poracci”.

lunedì 16 marzo 2015

Giorni tristi


Sono giorni difficili per la mia città, balzata sulle cronache nazionali per un orrendo delitto avvenuto ai danni di un giovane senza colpa, alcuna. Moltissime le cose dette, fatte. Moltissimi i commenti al vetriolo; la rabbia esplode con il dolore e porta a galla la parte peggiore di noi. Perché la paura fa dire e pensare le cose più ignobili.
La gente è stanca, esasperata dal lassismo di uno stato assente, di istituzioni che non arginano i problemi, da un finto buonismo che ci porta tutti in balia dei folli. Un’onda di violenza e di razzismo si è innalzata davanti ad un delitto che, il caso ha voluto, così brutale. Dall’altra parte un ragazzo per bene, una famiglia distrutta che, malgrado il dolore, non vuole altra violenza ma solo giustizia. Sono giorni tristi, giorni in cui anche il cielo sembra non voglia brillare nel rispetto di chi se ne è andato, con la gola tagliata per mano di un balordo che, in questo caso, è uno straniero con precedenti e già espulso dal paese. Sono giorni in cui i pensieri si susseguono, si contraddicono, si confondono e lasciano l’amaro in bocca in chi cerca di inghiottire un dolore amaro, in cui tremano le certezze e le convinzioni. In cui vacillano anche i valori.

 

 

venerdì 6 marzo 2015

Cinquanta sfumature di auguri


L’idea di prendere tra le mani un metro e di costatare che, all’incirca, in prossimità dei cinquanta, si è oltre la metà del metro, non aiuta l’autostima di una donna, specialmente se è stata bella. Che poi non è che a cento, uno ci arriva tanto facilmente, eh.
Le cinquantenni o le donne in prossimità dei cinquanta che io conosco sono tutte, meravigliosamente belle. Fuori e dentro. E ciò che le rende belle, oltre l’aspetto fisico, è la forza che ci mettono nel nascondere e combattere quella stanchezza antica e remota che le ha accompagnate fino al punto in cui sono. Una cosa dolce che, ricorda l’atto di occultare la polvere sotto il tappeto, di riattaccare la punta al cioccolato del cornetto algida che si stacca mentre si scarta, di riassemblare pezzi di un puzzle che raffigura una vita quotidiana non sempre stellare.

E poi c’è tutta quella cosa, quella voglia di fare ancora, dire ancora, essere ancora, rinascere e riscoprirsi che scoppia dentro e in qualche modo, non sempre quello giusto, esplode. E allora gli devi dare un senso, una direzione, la devi accompagnare, la cosa, altrimenti ti ritrovi con la bocca a canotto, o con una maglietta che ti scopre una pancia prominente, con un volto tirato e le mani rugose. E allora la cosa, la voglia di essere ancora in pista la devi coccolare, malgrado le delusioni, nonostante il non sentirsi né carne, né pesce, di sentirsi come un mercoledì, nel mezzo di un tempo su cui devi indugiare di più. Liberandolo dal superfluo, spogliandolo, eliminando, alleggerendo e tirandogli su le coperte, abbracciandolo, come faremmo con nostro figlio.

Lavarsi i denti, raccontare favole e sognare ancora. E ancora e ancora.

Auguri quarantenni e cinquantenni e giù di lì e su di lì.