Sarà che la
faccenda di diventare madre me la sono sudata sul campo di battaglia senza
onore al valore ma con un gran culo: quello di aver avuto Daniele. Sarà che ho
troppo rispetto per le donne che, come me, sono state o sono in trincea, con il
fango nelle scarpe e la cacca fino al collo.
Ma a me questa
storia che va tanto per la maggiore della mamma imperfetta, del fatto che
faccia figa essere imperfetta, della mamma multitasking che ce la fa, sempre, in
bilico tra lavoro, figli, casa e forma, la rappresentazione dell’apologia del
difetto a tutti i costi, mi ha proprio rotto le balle. Il web è popolato,
tranne casi eccezionali che rappresentano la classe e mi riferisco a persone
come la Tesio o la Boriosi o alla Chiara vecchia maniera, da donne-mamme, in piena
esaltazione delle mancanze, carenze, dei difetti delle madri di oggi.
Allora mi chiedo:
perché ostinarsi tanto a elogiare la normalità?
Voglio dire: siamo
tutte nella stessa barca. Lavoriamo, arranchiamo, con una scarpa e una
ciabatta, si dice dalle mie parti, corriamo da un posto all’altro, svolgiamo
ruoli e status diversi e spesso contemporaneamente. Abbiamo smesso di bere
negroni, che vorremo continuare a bere, di tirar tardi la sera, guardiamo
quasi tutte Jake il pirata al posto di quel gran figo di Matthew McConaughey in serie truci alla True
detective (meravigliosa) e condividiamo il nostro stato per placare
l’insicurezza e la paura di non essere madri buone per i nostri figli.
Ma quando questa
insicurezza si trasforma in tendenza, quando dietro all’inadeguatezza genuina si
celano strategie di marketing per il successo, beh allora, la cosa mi
infastidisce e avvilisce al tempo stesso. Che il ruolo della madre sia cambiato
è assodato. Un dato di fatto. Sicuro come Bruno Vespa a porta a porta. Indiscutibile,
come le casette dei suoi plastici.
Non sono tanto
sicura del concetto che l’imperfezione, invece, ci salverà.
Nel senso che,
forse, dovremmo chiederlo ai nostri figli tra dieci o dodici anni. Quando in
piena crisi adolescenziale sulla porta ci manderanno a cagare, accusandoci di
averli messi al mondo in un posto in cui non gliene frega niente stare,
rinfacciandoci di non essere state presenti come, invece, avrebbero voluto.
Quando, magari, urlandoci contro ci diranno che, avrebbero preferito non fare questo o quel corso di nuoto,
questo o quel corso di inglese, la capoeira al posto della sessione jazz,
questo o quella vacanza negli States, meglio in Australia, come se la bontà di
un corso/vacanza si basasse sulla sua distanza dal nostro paese. O quel viaggio
che tanto piaceva a mamma è papà, perché rappresentava una buona esperienza per il
futuro, piuttosto che (va tanto di moda dire piuttosto che…) una roba semplice
semplice, possibilmente senza tablet, telefono e connessione.
Ora, la domanda che
ci accomuna tutte è sempre la stessa, come conciliare tutto senza rinunciare a
sottrazioni pesanti. Come riuscire a organizzarsi e
vivere e far vivere i nostri figli in maniera decente senza grossi danni. Ecco,
molte mamme-donne blogger enfatizzano questa spasmodica ricerca dell’equilibrio
sbilenco a tutti i costi. Mi sembra che la rete e anche la carta stampata, sia invasa
da madri-donne super impegnate che inneggiano all’imperfezione pur di arrivare
a tutto. Se ci si ride sopra, anche meglio. Il punto è che a tutto non si può
arrivare, se non non si risponda al nome di Wonder, si hanno gambe
kilometriche, tette sode e poteri come il teletrasporto e l’ubiquità. E quindi,
se a tutto non si può arrivare, vorrei chiedere ai loro figli, tra circa vent’anni
se, non fosse stato meglio avere una mamma che avesse fatto meno cose, un tantino più perfette, se non fosse
stato meglio averla avuta più presente, meno nevrotica, mentalmente più vicina.
Perché i figli non
ti piovono dal cielo. Se così fosse, molte di noi starebbero lì a darsi
gomitate sui denti. No, i figli, difficilmente ti capitano. E mi fanno un sacco
ridere anche quelle tizie che, tipo a trent’anni, scrivono che gli è capitato
un figlio in giovane età. No, ragazze. Trent’anni non sono una giovane età.
Potrei sciorinarvi giù una roba sul declino dell’infertilità che ve la
risparmio.
E no, non mi fanno
ridere neanche le madri pessime, né i consigli per sopravvivere alle recite, ai
compleanni, agli spannolinamenti, alle partite di calcio, a quelle di basket.
Non mi interessa l’elogio dell’imperfezione. Lo trovo pure irritante.
Perché credo che un
figlio valga la pena di provarci, almeno, a lucidare le scarpe della
perfezione.
A un figlio gliela
devi la perfezione, o quella che puoi, fosse anche una sufficienza strappata se
non sei in grado di arrivare al dieci. Ma se
le potenzialità per arrivare alla lode le possiedi, e no, allora non sopporto
quando si grida il diritto all’imperfezione starnazzando le inadeguatezze della
maternità. E’ un po’ come approfittarsi del fatto che per un figlio una madre è
comunque un essere speciale e questo la mettesse al riparo dal provare a
raggiungere uno stato, peraltro irraggiungibile.
E certo che la
perfezione non esiste. Ma quello stato di essere speciale che vede solo tuo
figlio, te lo devi guadagnare. E ci devi lavorare su, giorno e notte, perché è
un tuo preciso lavoro, un tuo preciso impegno, preso nel momento in cui hai
deciso che tu, quel figlio lo volevi.
E il meglio gli devi dare.
Fosse anche un
quattro.
Vi lascio con il
testo di una canzone che, trovo bellissimo. Credo che non sia stato neanche
scritto per un figlio. Personalmente, non ho la ben che minima idea di cosa
siano le correnti gravitazionali. Ma provare a superarle, senza sapere bene come,
è quello che più si avvicina al mio concetto di amore imperfetto verso un
figlio.
LA CURA
Testo di Franco Battiato e Manlio Sgalambro
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te.
Vagavo per i campi del Tennessee
(come vi ero arrivato, chissà).
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
attraversano il mare.
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
TI salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...
io sì, che avrò cura di te.
Testo di Franco Battiato e Manlio Sgalambro
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te.
Vagavo per i campi del Tennessee
(come vi ero arrivato, chissà).
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
attraversano il mare.
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
TI salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...
io sì, che avrò cura di te.