mercoledì 30 luglio 2014

Linee guida sull'eterologa


Queste le linee guida sull’eterologa definite dal Ministro Lorenzin in commissione Affari sociali:

-          La fecondazione eterologa sarà inserita nei Lea, livelli essenziali di assistenza in sede di prossimo aggiornamento

-          Doppia eterologa: le coppie nelle quali entrambi i coniugi sono sterili potranno richiedere entrambi gameti

-          Limite d'età dei donatori: Il limite massimo di età delle donatrici donne sarà di 20-35 anni e per gli uomini 18-40 anni

-           Massimo 10 nati da un donatore: Il numero massimo di nati da uno stesso donatore è dieci, a livello nazionale, con deroga se una famiglia con figli già nati da eterologa chiede un altro figlio con stesso donatore. L'atto normativo prevederà anche un meccanismo per evitare "donazioni involontarie fra consanguinei, individuando un modo per incrociare i dati fra Registro Nazionale e centri Pma per evitare che il ricevente sia consanguineo del donatore

-          Tracciabilità del donatore: Viene previsto un registro nazionale che consentirebbe di monitorare e conteggiare correttamente le donazioni a carico di ciascun donatore che 'esporta' nel nostro Paese". In ogni caso, "nel 2015 dovrebbe entrare in vigore una nuova direttiva Ue che introdurrà un codice di identificazione unico europeo, cioè un sistema di codifica unico per tutti i Paesi Ue che renderà semplice e sicura la tracciabilità, e sarà obbligatorio per l'eterologa". A dirlo è stato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, in audizione oggi alla commissione Affari sociali della Camera

-          Donazione gratuita. I donatori, ha concluso Lorenzin in commissione Affari sociali, "non potranno percepire alcuna forma di pagamento, diretto o indiretto". Tuttavia, ha precisato il ministro, "altro è il concetto di rimborso di spese effettive e permessi lavorativi, così come va tenuto conto dei costi vivi della donazione, ad esclusione del pagamento del donatore: per tutti questi aspetti si può far riferimento al modello già esistente per donatori di quello che è comunemente chiamato midollo.

Per quanto riguarda i diritti del bambino nato con fecondazione eterologa il Ministro Lorenzin vuole aprire una discussione parlamentare per affrontare il problema delle origini.

mercoledì 23 luglio 2014

La mamma e il bambino


C’erano una volta una mamma che, mamma non lo era ancora e un bimbo su una nuvola.

La mamma piangeva e piangeva perché aspettava il suo bimbo che non arrivava. Ogni giorno che passava, era un po’ più triste. Sapeva che, in qualche posto, al centro della terra o nella pancia della luna, suo figlio la stava guardando. Ma i giorni passavano, uno dopo l’altro, lasciando sempre tutto come sempre.

Il bimbo sulla nuvola aveva occhi che pungono, la sveltezza di una piccola lepre e le fossette nelle guance e faceva impazzire il guardiano dei bimbi.

“Possibile - gli diceva il vecchio custode - che nessuna delle mamme che vedi laggiù, sia quella giusta per te?”

Il bimbo si affacciava dai bordi della nube e guadando verso il basso, con fare dispettoso, scuoteva la testa: “Quella è troppo bassa, quella è troppo alta, quella è troppo grassa, quella è troppo magra”. E la stessa situazione si ripeteva, ogni giorno.

Tutte le donne avevano qualcosa che non andava bene. Tutte avevano qualcosa di troppo o qualcosa di troppo poco, perché superassero l’esame di mamma.

Nel frattempo, la mamma che mamma non era ancora, cercava il suo bimbo, ovunque. Da nord a sud, tra le vette e tra gli abissi, convinta che anche una conchiglia potesse contenere il suo bimbo.

Un giorno un grido di gioia spezzo il cielo. “Quella- vibrò il paradiso- quella, là. L’ho trovata!”

“Finalmente - sentenziò l’anziano sorvegliante, parecchio provato dall’esuberanza del bimbo.

Fu così che lui scese nella pancia della mamma che mamma non era, ma che lo divenne, passando per il cervello e per il cuore, giù giù, fino al suo dentro.

E quando lui uscì, si riconobbero, speciali”.

-          E sai Dani chi erano quella mamma e quel bambino?

-          Si, mamma, noi due. Adesso che ti ho trovato, ti tenio stretta.

 

-          Me la racconti di nuovo?

 

 

 

 

venerdì 18 luglio 2014

Blended (mischiarsi, unirsi)


"Il suo sorriso illumina la stanza. Esattamente come il suo arrivo ha illuminato la vita della nostra famiglia". Così Kate Parker, fotografa (autodidatta, ma dall'innegabile istinto) di base ad Atlanta, commenta l'arrivo di Sam. Il piccolo infatti è stato appena adottato dalla sorella Megan e suo marito Jamie. Con la serie dal titolo inequivocabile "Blended" (mischiarsi, unirsi) Kate ha voluto raccontare per immagini l'esplosione di bellezza che può significare un'adozione: in questo caso, la fine di una battaglia contro il non poter avere figli e l'inizio di un amore incondizionato".



mercoledì 16 luglio 2014

I desideri digitalizzati


Sta accadendo una cosa imprevista. Ho troppi impegni che non mi lasciano tempo per aggiornare il blog come vorrei. Scrivo molto per lavoro e quando vorrei farlo per piacere personale, sono troppo stanca o troppo impegnata con le cose, rimaste indietro. E soprattutto, cerco di dedicare del buon tempo a mio figlio. Come tutti, direte. Certo, come tutti. Ma forse sono meno brava degli altri a conciliare parole, impegni, spostamenti, affetti, mestieri, articoli. E, se prima mi rilassavo solo scrivendo, ora lo faccio solo quando vado a dormire. Che poi, dormo pure poco e mi prendo della roba naturale per non svegliarmi nel cuore della notte e restare lì con gli occhi sbarrati per un periodo che pare infinito a pensar a chissà cosa.

Comunque.

Comunque riflettevo su cosa sia davvero il tempo, lo scorrere dello stesso o l’attesa di qualcosa che porta con sé.

Riflettevo sul fatto che, non siamo più capaci di tenere fermo il tempo. Abbiamo tutti, tutto, nell’esatto momento in cui lo desideriamo. Fotografie, musica, libri digitali, informazioni, tutto in tempo reale.

I desideri diventano digitali e l’accesso alla conoscenza è immediato.

Ma le cose importanti, i desideri sognati, quelli per i quali attendiamo una vita per averli, ecco, quelli restano, a volte, irraggiungibili. E lo spazio interiore, quello spazio solo nostro che serve, a desiderare, ad aspettare che qualcosa di importante avvenga, quello colmo della pazienza dell’attesa, rischia di diventare uno spazio vuoto, annullato dalla mancata realizzazione e dalla presenza di tutto ciò che è virtuale. Qualcuno ha detto che la digitalizzazione dl desiderio è: ” essere incapaci di renderlo fisico, che sia la virtualità del sesso, o quella dei discorsi, o la conoscenza reciproca. Tutto è un continuo mascheramento e al tempo stesso costante impazienza.”. Abbiamo connessioni ovunque, fotografiamo e postiamo in tempo reale, non ci sono luoghi al mondo dove serve andare per capire, perché lo possiamo fare davanti ad un pc, ore della giornata che servivano solo a noi e ai nostri desideri, sono invece impiegate ad avere, scaricare, connettersi, condividere, socializzare, twittare.

E se tutto è possibile, se tutto può essere a portata di mano, come insegnerò a mio figlio il gusto dell’attesa? Il bello di impegnarsi per realizzare un desiderio, magari di metter da parte la paghetta per racimolare un gruzzoletto e poter partire, così senza meta a vedere, conoscere, conoscersi?

O semplicemente, sfogliare, giorno dopo giorno, un calendario dell’avvento, aspettando una notte incantata, che resta tale anche quando l’incanto si è rotto, o meravigliarsi per l’organizzazione di un viaggio, e meno per il viaggio stesso, o stupirsi ancora per una sorpresa.

Ecco, mi chiedo, come farò e intanto perdo sonno prezioso.

 

 

mercoledì 9 luglio 2014

Pina Fantozzi ( moglie del ragionier Ugo)


Ho conosciuto Ilaria D’Amico ad un convegno organizzato dalla clinica Genera di Roma. Lei conduceva, io ero ospite, e devo dire che è una persona molto carina. Fisicamente perfetta, cordiale, professionale e molto umana.

Inoltre, sostiene le donne in cerca di un figlio per mezzo della procreazione medicalmente assistita e senza tanta pubblicità, come è giusto che sia, fornisce il suo contributo come donna e come personaggio pubblico.

Poi c’è lei, la statuaria, l’algida, la mozzafiato Seredova, che ci ha lasciato tutti a bocca aperta per lo stile e la classe con cui ha gestito separazione e forse, corna.

Nessuno tranne i coinvolti sa esattamente come siano andate le cose. Nessuno sa, quando un amore comincia a morire, quando ci si comincia a lasciare. Forse a poco a poco. Forse mandando dei segnali. Qualcuno taglia nettamente senza preavviso. Qualcuno lascia biglietti. Qualcuno si spezza. Qualcuno spazza. Altri, uccidono.

E poi ci sono persone come la Signora Seredova che, pubblicamente umiliataPrende i bambini (i due figli avuti dal calciatore), li porta in Brasile, infila loro la maglietta con il nome del papà, ne indossa una uguale e si mette a tifare, di tifo vero, per l'Italia. Non un muso, non una lite, non una lacrima in gradinata, mai. Nemmeno mentre in Italia escono altre foto, con altri incontri e altri baci. E ieri il felice epilogo di una compostezza senza eguali”.
E guarda avanti.

Certo, mi direte voi. Una cosa è ricominciare senza una lira, con un padre assente che non paga gli alimenti e ci si deve far in quattro per sbarcare il lunario, badare ai ragazzini, piangere senza farsi vedere, un’altra, è essere la ex moglie di Gigi Buffon. E concordo con chi pensa che sia meglio riprendersi da una batosta sentimentale con lo chassis e le possibilità della Seredova, piuttosto che con il fisico e l’economia della signora Pina.

 Non c’è dubbio.

Eppure, eppure le delusioni d’amore, le corna, le perdite e gli abbandoni, son trasversali, di natura comunista. Colpiscono tutti. Indistintamente.

La classe, no. La classe è solo per pochi.

E’ per chi sa gestire la tristezza con disinvoltura, mettendo il bene dei figli davanti all’umiliazione, è per chi, senza una parola, senza una critica, senza un’offesa, senza una pubblica lacrima, incassa il colpo e salva, almeno, la parte buona da salvare. Forse i ricordi.

Molti si chiedono come un uomo possa lasciarsi andare una donna così.

Me lo chiedo anche io  del mio ex.

Chissà.

Forse è così che doveva andare. Forse l’amore era già arrivato al capolinea.
 
Forse.

Sta di fatto che, in questa faccenda, i protagonisti ci stanno simpatici tutti e non ce la sentiamo proprio di dare colpe.

Quando un amore finisce, comunque siano andate le cose, resta sempre l’amaro in bocca.

E resta Alena.
 
Infinita nel suo splendore statuario ad insegnarci che si può essere belli fuori e dentro, e che si può lasciare andare senza che il rancore, la rabbia, il dolore, sporchino tutto.