giovedì 27 febbraio 2014

La legge 40 compie 10 anni


Il 19 Febbraio la legge 40 ha compiuto 10 anni.

Nel Febbraio del 2004 il parlamento italiano votò una delle leggi più restrittive d’Europa, legge che, ci poneva e ci pone tuttora, tra i paesi più arretrati in termini di cultura, modernità e umanità e di sviluppo civile.

Non solo il parlamento votò una legge iniqua, ma legiferò una materia senza prendere in esame né il parere della comunità scientifica, né quello degli specialisti che si occupavano di fecondazione in provetta, né quello delle persone coinvolte.

Quella legge, modificata per ben 28 volte da parte della magistratura, dei vari tribunali, dalla Corte Costituzionale e da quella europea dei diritti dell’uomo, che è sopravvissuta a un referendum, che è stata smontata, cambiata, usata e strumentalizzata, continua a essere il baluardo di legislatori cechi, la fortezza dei succubi di certe gerarchie ecclesiastiche, la rocca forte dei discutibili “credenti”.

All’epoca, nonostante milioni di persone difendessero la legge, l’opinione pubblica non fu in grado di contrastarla. Per ignoranza, stoltezza, menefreghismo e cattiva informazione.

Nel 2005 un referendum abrogativo, nato sotto la spinta dei Radicali nel 2004, non raggiunse il quorum necessario (andò a votare solo il 25 per cento degli italiani), anche per via della forte battaglia ingaggiata dalla società cattolica.

Nel frattempo, ma soprattutto tra il 2004 e il 2009, sono state moltissime le coppie che hanno scelto di rivolgersi a centri di fecondazione assistita esteri per avere quei trattamenti che in patria gli erano negati. Secondo un’indagine dell’Osservatorio sul Turismo Procreativo, nel 2012 erano ancora 4mila le coppie che sono andate all’estero per trattamenti di fecondazione assistita, metà delle quali per l’eterologa. E’proprio in questi anni che fiorisce il termine orrendo, quello del cosiddetto «turismo procreazionale» verso i paesi europei dove le leggi consentivano e consentono più possibilità alle coppie con problemi di fertilità (condizione che coinvolge ogni anno 50-70mila coppie) e dove inevitabilmente le tecniche di fecondazione assistita e le stesse apparecchiature dei laboratori biologici sono più all’avanguardia rispetto all’Italia: circa il 50% delle coppie che decidono di avere un figlio con la procreazione assistita, parte. Le mete più visitate sono Svizzera, Spagna, Grecia, Belgio e Repubblica Ceka.

 È dimostrato che queste mete estere vengono scelte anche per prestazioni e trattamenti ormai garantiti anche dalla legge italiana (conservazione degli ovociti, fecondazione omologa, stimolazione ovarica): se la legge spagnola dal 1988 regola la donazione di ovociti e di sperma, è ovvio che la ricerca abbia potuto lavorare con maggiore profitto su questo tema e forse su tutta la materia.
Sono passati dieci anni. Nonostante il referendum fallito, quella legge così cattiva, nata per vietare anziché regolare, che impediva perfino la diagnosi pre-impianto, è stata smontata e de-costruita da ripetuti interventi dei giudici, stimolati dai cittadini, dalle associazioni, dai medici ma mai da una corretta politica.
“Nelle aule giudiziarie il primo a pronunciarsi fu il tribunale di Catania già nel maggio 2004, negando il diritto alla diagnosi preimpianto a una coppia portatrice di betatalassemia, ma la prima vera opera ‘demolitiva’ si è avuta con la sentenza del 2009 della Consulta, che ha rimosso l’obbligo di contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti. A oggi dalla legge è stato cancellato anche il divieto di produzione di più di tre embrioni, ed è stata confermata la deroga alla crioconservazione degli embrioni per la tutela della salute della donna e del concepito”.

Restano due zoccoli duri da scardinare: il divieto di fecondazione e la possibilità di usare gli embrioni non idonei per la ricerca scientifica. Su questi due questioni si dovrà pronunciare la Corte costituzionale, il prossimo 8 aprile.

Unico lato positivo di questa legge è l’istituzione del Registro Nazionale di Pma che permette di raccogliere informazioni e dati sull’andamento delle fecondazioni assistite.

Alla luce di questi dieci anni mi chiedo quanta sofferenza si poteva evitare, quanta speranza tolta a tutti coloro che hanno creduto nella legge stessa, quante sono le coppie che hanno dovuto rinunciare alla possibilità di avere un figlio per colpa di questa brutta, bruttissima norma.

Non lo sapremo mai.

martedì 25 febbraio 2014

I padroni del domani


Leggo su Style Magazine, rivista del Corriere della Sera, notizie che fanno pensare e riflettere sul futuro dei nostri figli.

“Siamo in fondo alle classifiche dell’ottimismo mondiale. La disoccupazione giovanile supera il 40%. La crisi cronica dell’imprenditoria nazionale paralizza l’economia. Eppure, c’è una squadra di giovani talenti su cui Wall Street e Forbes suggeriscono di puntare. Li cercano su Amazon, Yahoo e le industrie globali.

Sono ragazzi sotto i 30 anni di basso profilo per niente snob che già sono l’elite del domani”.

 

Indubbiamente, alcuni di loro hanno cognomi importanti, ma anche cervelli non da poco.

Hanno talento e il coraggio di andarsene dall’Italia per cercare di dare gambe ai loro progetti, magari per tornarci in un secondo momento.

Hanno genitori in gamba, capaci di lasciarli andare.

Perché per fortuna, intelligenza e volontà non sono distribuite in base al reddito dei genitori.

Questi ragazzi hanno fatto, delle loro passioni, un lavoro.

Ed è questo il loro successo.

Hanno supportato una passione con master e studi specialistici, ma poi, hanno deciso di fare un salto senza reti.

E a vent’anni se cadi, ti rialzi meno ammaccato di quanto non saresti cadendo a trenta o a quaranta.

 

Spesso si inventano start up dal niente, hanno idee geniali che nascono sul bordo di una piscina, o dentro uno spogliatoio dopo una partita di calcetto o sul divano mentre giocano con l’ultima app dello smartphone. E soprattutto, hanno qualcuno che crede nelle loro idee.

Perche ci vuole una certa qualità nel vedere il potenziale delle persone. Specialmente quelle acerbe.

Ci vuole una sorta di abilità visionaria insieme al coraggio di scommetterci su.

Su di noi, su noi genitori, noi famiglia, ricade il compito di dare consigli professionali, orientando le loro scelte e comprendere, capire, quali siano i loro talenti. Se ne hanno. Quali le loro passioni. Se sono capaci di vivere di loro. E sostenerle.

Tuttavia, non dobbiamo prepararli solo a lavorare. Dobbiamo prepararli a vivere.

Sembrerebbe, infatti, che il segreto del successo non si esaurisca solo nella conoscenza, nella competenza specifica e aggiornata, ma risieda in un mix di diversi elementi. Un insieme di fattori, una cultura generale, letteraria, musicale, politica, usare il pc. Parlare almeno due lingue, essere elegante, avere rapporti di amicizia, saper attrarre. In poche parole, molti di noi si interrogano su quale sia il modo migliore per avviare il proprio figlio al lavoro, ma pochi di noi si chiedono quale sia il modo migliore per avviarlo alla vita.

Dentro la vita non c’è solo il lavoro. La competizione, l’essere il migliore in un determinato settore. C’è lo svago, la cultura, i rapporti affettivi, l’impegno sociale, la crescita civile.

Spesso, impauriti e terrorizzati dalla crisi economica che opprime il mondo, ci focalizziamo solo su di una preoccupazione, se e quando, i nostri figli troveranno lavoro.

E giù a cercare l’asilo migliore, la scuola per l’infanzia dove insegnano i primi rudimenti delle lingue, quella elementare dove almeno se ne parlino altre due, è via di questo passo, trasmettendo il messaggio che in una società complessa devi essere competitivo, altrimenti soccombi.

Conosco quarantenni bravissimi nel loro lavoro, giovani rampanti affamati di potere e successo, completamente incapaci nel gestire rapporti umani decenti, relazioni che si avvalgono del minimo sindacale sentimentale, famiglie con delle falle indecenti. Mi guardo intorno e vedo dipendenze di ogni tipo. Affettive, dipendenze da cibo, dipendenze che nascondono malesseri di altro tipo.

C’è un ricordo tenero e vero che gira nella mia famiglia.

Chiedendo a mio fratello, piccino, cosa volesse fare da grande, lui rispose candidamente, il barbone.

Immagino volesse intendere una vita fatta di viaggi, senza regole precise. Una vita di incontri, di spiagge e di tramonti. Di opportunità, ben diversa da quella di un senza tetto.

Mia madre gli rispose che, se avesse voluto, avrebbe potuto farlo, ma solo dopo essersi preso una laurea.

Fortunatamente di lauree ne ha prese due, diversi master e una direzione giusta per il suo carattere. Inutile pensare quanto sia difficile educare, quanto complicato dare il buon esempio, quanto faticoso dosare premi e punizioni.

Io vorrei, vorrei più di ogni altra cosa riuscire a rendere mio figlio libero. Libero di diventare quello che vorrà essere. Libero qualora volesse un lavoro di soddisfazioni, oppure una famiglia serena ma un lavoro semplice, o invece l’uno e l’altro. Libero di immaginare il suo futuro senza il peso del fallimento, rispettando tutte le fasi della sua età.

Che sia capace di rispondere alle sue aspettative, non alle mie. Che abbia il coraggio di essere felice.

Perché, come mi dice un’amica ritrovata, anche la felicità ha un presupposto: ci devi lavorare molto e ci vuole coraggio per raggiungerla. 

martedì 18 febbraio 2014

Gongolo e non sono i settimo nano

Rossella Boriosi su style.it mi ha fatto questo regalo.
Molto orgogliosa, io.
Leggetevi anche gli altri blog, sono proprio belli.

Brutte persone


Che fosse una giornata storta dovevo capirlo dal numero delle volte in cui, questa notte, mio figlio mi ha svegliata. Che fossi un mostro, l’ho capito, quando, dopo la ventiduesima volta, ad intervalli di mezz’ora, anziché andare io da lui, gli ho gridato che sarei andata ancora, solo in caso di morte, di incendio, di alluvione o di invasione di cavallette, altrimenti, doveva venire lui da me.

E’ arrivato piano, piano. E’ sceso dal letto da solo, ha fatto, al buio, due gradini, ha girato l’angolo, camminato lungo il corridoio (che detto così sembra che ho una casa di una metratura da sogno, ma la realtà è diversa), è passato sopra al cane steso sotto al letto e piagnucolando si è lanciato verso il lettone, sopra di me.

A volte credo che la maternità, renda le donne, persone orribili.

Ma pure la mancanza di sonno.

giovedì 13 febbraio 2014

L'amore è...


I bambini si sa, fanno dei paragoni assurdi.

Sintetizzano concetti complicati semplificandoli con esempi empirici alla loro portata.

Le loro rappresentazioni mentali sono meravigliose, pure, incontaminate.

Godere della loro presenza è come fare un bagno caldo usando bagnoschiuma al talco.

Lasciano il cuore pulito e l’odore di buono.

Non si arrovellano il cervello per definire l’amore, l’amicizia, i sentimenti più complicati.

Mi piace come vedono le cose. Semplicemente.

Il bianco è bianco, il nero, idem, il colore, fa allegria.

A tale proposito, ricordo con particolare dolcezza un episodio avvenuto tra mia cognata e mio nipote.

All’epoca, lui quattrenne, abitando in campagna era affascinato da tutti gli attrezzi agricoli e i macchinari necessari alla cura dei prati e dei campi.

Era stregato da tosaerba,  escavatori e quant’altro.

Un giorno, in una fase di scambio di coccole con la mamma, mentre lei gli diceva che gli voleva bene, un bene grande come il mondo, lui pensando e ripensando a quanto la potesse amare, esclamò.

“Anche io mamma, ti voglio tanto bene, tanto, ma tanto, come…come…come una mietitrebbia”!

Ecco, l’amore è amarsi come una mietitrebbia.

martedì 11 febbraio 2014

Di amore e di poeti

Alcuni grandi poeti scrivono poesie, altri le cantano.
Taluni, lo fanno contemporaneamente.
Se avessi una figlia le direi, non smettere di cercare l'amore fino a quando non troverai questo

A mio figlio, cerca sempre e solo la tua
Patrizia.  ( Eugenio Finardi)
Hai il cuore pulito
come appena nevicato,
ma caldo e forte
come un cavallo imbizzarrito
che ti fa capace di arrabbiarti
poi subito di calmarti
e che di amarmi
non ha mai dubitato.
E amo il tuo sapore
di fragole e di panna
d'estate, d'erba appena calpestata.
Ti amo perché sei solare.
perché ti so capire,
ti amo per come mi ami tu,
io ti amo per come mi ami tu.

Hai gli occhi verdi come il mare
di un atollo tropicale
aperti come il cielo delle praterie,
occhi senza male
che non san nasconder niente
nemmeno quanto
tu sia intelligente.
E amo il tuo sapore
di fragole e di panna
d'estate, d'erba appena calpestata
Ti amo perché sei solare,
perché ti so toccare,
ti amo per come mi ami tu
io ti amo per come mi ami tu
io ti amo per come mi ami tu.

Ti amo perché sei una donna,
ma anche un vero uomo,
un'amica, un socio,
a volte un maggiordomo,
perché giochi tutti i ruoli
ma ti piaci in uno solo,
quello di donna
con vicino il suo uomo.
E amo il tuo sapore
di fragole e di panna
d'estate, d'erba appena calpestata.
Ti amo perché sei solare,
perché sai far l'amore,
ti amo per come mi ami tu,
io ti amo per come mi ami tu,
io ti amo per come mi ami tu.


(Eugenio Finardi)
Lei non lo sapeva ma aspettava un Uomo
Che la scuotesse proprio come un tuono
Che la calmasse come un perdono
Che la possedesse e fosse anche un dono


Era tanto tempo che aspettava l'Uomo
Che la ipnotizzasse solo con il suono
Di quella sua voce dolce e impertinente
Che proprio non ci poteva fare niente


Che la fa sentire intelligente
Bella, porca ed elegante
Come se fosse nuda tra la gente
Ma pura e santa come un diamante


Un Uomo dolce e duro nell'Amore
Che sa come prendere e poi dare
Con cui scopare, parlare e mangiare
E poi di nuovo farsi far l'Amore


Per seppellirsi tutta nell'odore
Che le rimane addosso delle ore
Che non si vuole mai più lavare
Per non rischiare di dimenticare


Che le ricordi che sa amare
Un Uomo che sappia rassicurare
Che la faccia osare di sognarsi
Come non é mai riuscita ad immaginarsi


Un Uomo pieno di tramonti
D'istanti, di racconti e d'orizzonti
Che ti guarda e dice: "Cosa senti?"
Come se leggesse nei tuoi sentimenti


Un Uomo senza senso
Anche un po' fragile ma così intenso
Con quel suo odore di fumo denso
Di tabacco e vino e anche d'incenso


Impresentabile ai tuoi genitori
Così coerente anche negli errori
Proprio a te che fino all'altroieri
Ti controllavi anche nei desideri


Tu che vivevi nell'illusione
Di dominare ogni tua passione
Tu che disprezzavi la troppa emozione
Come nemica della Ragione


Non sei mai stata così rilassata
Così serena ed abbandonata
Così viva e così perduta
Come se ti fossi appena ritrovata


Un Uomo dolce e duro nell'Amore
Che sa come prendere e poi dare
Con cui scopare, parlare e mangiare
E poi di nuovo farsi far l'Amore.

Grazie maestro.
 

venerdì 7 febbraio 2014

San Valentino accetta sconti


Vivo a Terni.

Città in cui il Santo Patrono, San Valentino, è il simbolo degli innamorati.

Noi ternani, sobri e discreti in ogni nostra attività, non festeggiamo solo il prossimo 14 Febbraio, ma ce la meniamo per circa un mese con eventi, manifestazioni e quant’altro, per lo più brutti, più per un tentativo di dare uno scossone alla crisi, che per un vero credo nel povero santo che, gli tocca fare la parte del perenne cupido, benedicendo promesse d'amore dure a durare.

Così, in questo clima altamente iperglicemico, mi tocca vedere cuori a destra e a manca.

Elucubrando sull’amore, ho partorito il seguente pensiero.

Chiunque abbia avuto un‘età compresa tra i dodici e i diciassette anni negli anni ottanta, ricorderà sicuramente “Il tempo delle mele”, uno e due poco importa, tanto entrambe le trame dei film, erano orrende.

Trame che potremmo tranquillamente riassumere così: nel primo, brunetta quattordicenne parigina, Vic s'affaccia all'adolescenza con curiosità, timore e fantasia. Incontra il primo amore mentre papà e mamma sono in crisi. Nel secondo, brunetta sedicenne, parigina, Vic nel pieno della pubertà, un po’ meno curiosa incontra il secondo amore mentre papà e mamma sono sempre in crisi.

Del primo ricordiamo la canzone principale, Reality, cantata da Richard Sanderson, motivo che è entrato a far parte della memoria indelebile della generazione di adolescenti in quegli anni, fino a massacrarci gli zebedei e i timpani. La scena in cui Mathieu mette le cuffie del walkman a Vic, nel bel mezzo di un ballo scatenato, per potersi isolare dal chiasso e danzare dolcemente abbracciato a lei sulle note del ritornello "Dreams are my reality" è considerata una delle scene simbolo dell'adolescenza anni ottanta. Scena talmente edulcorata che, allappa, provocando la carie dentale di tutta l’arcata superiore e lega l’immaginario femminile di una teenager allo stereotipo di un principe azzurro che esiste solo in Cenerentola e Biancaneve perché già nella Sirenetta, il marinaio è un tantino stronzo.

Del secondo tempo delle mele, ricordiamo, lui. Pierre Cossò.

Pier Cossò ha rovinato l’intera classe di genere femminile di quegli anni. La quale, ritenendolo credibile come degno rappresentante dell’altro sesso, lo ha ricercato invano in ogni uomo che ha incontrato, con summa delusione.

Posto che, ognuna di noi è dovuta venire a patti con l’idea del principe azzurro, che, anche nei migliori casi, è pur sempre uno che porta i panta collant bianchi e un cappello con la piuma azzurra, credo che sia stato più o meno doloroso per tutte, riconoscere che, Pierre Cossò non esiste.

Non esiste, ragazze.

E’ un fotomontaggio, un ologramma, graficamente perfetto, riprodotto al computer in tre d.

E prima sfatiamo sto’ mito, prima eviteremo tante delusioni alle giovani donzelle di oggi.

Che poi, a dirla tutta, viste le nuove generazioni e la loro violenza fisica e verbale, forse salveremmo Pierre dalle grinfie di giovani Lolite assatanate.

Per farla breve, pare che, a riprova della mia tesi, voci sparse e contraddittorie danno il cinquantatreenne Cossò come vivente su una barca in una non localizzata isola della Polinesia, lontano da tutto e da tutti, tra il cielo più bello e il mare più blu presso un atollo misterioso.

In sintesi, nel bel mezzo di una favola, appunto.

Difficile doverlo ammettere, ma ragazze, ci hanno fregate.

 

 

lunedì 3 febbraio 2014

Buon compleanno, Raffaella

E così è' passato un altro compleanno. Che, come ci so arrivata, neanche io lo so.
E così, ho un anno in più rispetto all'anno appena passato. La saggezza, quella no, quella e' la stessa di una diciottenne. Pure la maturità, temo.
Comunque, dicevo.
Credo che ripartirò dai quaranta, perché i trenta mi hanno vista piuttosto acciaccata, mentre a
quaranta ho concepito mio figlio, quindi mi sembra una buona idea, ripartire da quell'età.

Che poi se ricomincio da lì, va di lusso anche alle mie amiche, visto che se diminuisco i miei anni, diminuiranno anche i loro.
Dicevo.
Non è mica vero che la vita comincia a quarant'anni e che si vive una seconda giovinezza. Tutte balle. A venti sei figa, a quaranta sei un ex figa, di quaranta.

E c'hai gli acciacchi, oltre alla cellulite. Devi mettere il mascara, sempre. E se a venti potevi fare le ore piccole che, tanto al risveglio eri un fiore, a quaranta no. Sei un cesso al mattino, se hai fatto le
quattro e hai bevuto troppo.

A quaranta poi, devi sforzarti di essere bella e in forma, perché se hai un figlio piccolo  non puoi permetterti di lasciarti andare.

Neanche se dentro hai un magone grosso come un tir, perché non hai più tempo di dare a tuo figlio un fratello o semplicemente perche, ti gira storto.

Ho appreso la notizia della morte per droga dell'attore Philip Seymour Hoffman; uno che avrebbe potuto avere tutto, uno che, forse, aveva tutto, tranne lo star bene dentro.

Mi dispiace.

A riprova che l'infelicita è subdola, si nasconde come la polvere, ti assale e sopravvive anche all'amore per la famiglia, o per i figli. Ti devi proprio sentire solo per cercare sollievo in una siringa di eroina quando, hai all'apparenza tutto, eppure, ti manca qualcosa di profondamente abissale.
Mi dispiace.

Forse, doveva ricominciare anche lui da quaranta, o forse da prima. Chissà.
Chissà da quale punto di rottura avrebbe voluto ricominciare per fare un film diverso da quello vissuto.
Buon viaggio a te.
Ai cari che gli sopravvivono, buona fortuna.
Buon compleanno a me, che mi sopporto da tanto.