martedì 27 agosto 2013

Amour...

L'unico ragionevole motivo che spinge un uomo sano di mente a lasciare Monica Bellucci è che abbia incontrato la stessa Bellucci con venti anni di meno.
Essendo ciò impossibile, non mi capacito per l'insano gesto.

Della serie: anche la Bellucci soffre per amore, esattamente come noi comuni mortali.

giovedì 22 agosto 2013

Oltre il silenzio


Sono tornata. Più colma, più consapevole, più fortunata. Ho fatto lunghe ferie, ho mangiato e bevuto di più. Ho fatto più sport lungo una battigia che mi ha restituito abbracci e sorrisi che, spero sapranno imprimersi nella memoria di mio figlio.

Ho fatto.

Tanti non hanno potuto.

Ho giocato.

Tanti non possono farlo.

C. e sua figlia non possono farlo.

C. è una donna minuta dallo sguardo azzurro e vivo come il mare. Sua figlia è deliziosa, purtroppo non lo sa. O forse lo sa, nel suo mondo impermeabile alla realtà.

La figlia di C. è affetta da autismo. Me lo dice con spontaneità e pudore sua madre, mentre mio figlio con l’ingenuità e la capacità comunicativa tipica dei bambini sensibili cerca e trova un contatto oltre il silenzio con la sua.

Ho sempre pensato che l’autismo fosse tra tutti gli handicap, il peggiore. Perché sconosciuto, perché incurabile, perché non sai e mai saprai cosa avviene nell’anima delle persone che ne sono affette, non sai cosa ci sia oltre l’isolamento. Impossibile entrare nel loro mondo, difficile abbracciarli, toccarli.

Di devasta il pensiero di una madre che non riesce ad entrare dentro suo figlio. Le domande, che si pone, le sento come fossero le mie. Interpretare sguardi, gesti, carezze che hanno voci e suoni diversi diventa per loro, mestiere ed esercizio di sopravvivenza.

La mamma di C. mi spiega che non si conoscono oggi le cause di questo disturbo, forse un giorno. Forse in futuro. Oggi, no. Oggi si sa solo che  non ha una singola causa: molteplici sono i geni e i fattori ambientali, come virus o sostanze chimiche che possono incidere sulle anomalie cerebrali riscontrate e che l’interruzione nello sviluppo cerebrale, probabilmente, avviene  in una fase precoce della vita ultrauterina.

C. mi racconta che si è accorta del disturbo di sua figlia a diciotto mesi. Non la guardava negli occhi, si disperava esageratamente, gridava senza creare veri contatti. Mi dice che capita a un bambino ogni 150. Ma C. è sveglia, è una donna in gamba e non ha perso tempo. Ha dato la diagnosi prima che lo facesse il medico. Ha capito e le è crollato il mondo addosso.

Ma quel mondo l’ha dovuto affrontare. Giorno dopo giorno. Ha tirato fuori coraggio e pazienza, ricacciato dietro la rabbia per l’impotenza e lacrime amare.

Mentre mi racconta, sua figlia è in riva al mare e ride felice mentre le onde la cullano.

Mio figlio le gira intorno, la guarda e ride con lei. C. mi dice che sono fortunata ad avere un bimbo che non ha paura del diverso, che sorride oltre uno sguardo che vede in modo differente.

Mi racconta la fatica di ogni giorno, la paura del dopo di lei, della vecchiaia di sua figlia, la stanchezza nel cercare di darle tutti gli strumenti affichè un giorno possa essere, indipendente.

Mi parla di terapie, della difficoltà di trovare educatori specializzati, del fatto che le aziende pubbliche possono provvedere solo a offrire alcune ore mentre al resto devono pensare le famiglie, privatamente.

Le chiedo in cosa consistano le terapie. Mi dice che sono cure di tipo educativo, comportamentale,  fatte da logopedisti, neuropsichiatri, educatori professionali che insegnano a fare le cose.

Fare le cose.

Anche le più semplici come giocare, mangiare seduti, rispondere e rispettare le regole. Per i più piccoli, i bambini tra i due e i quattro anni si prevedono dodici ore alla settimana per quattordici mesi, perché l’autismo si manifesta entro i primi tre anni di età,: nove su dieci imparano a parlare, invece, tra i “grandi” che non hanno avuto queste cure, lo sa fare solo la metà e questo limite porta aggressività e problemi di comportamento. Quindi lei ha cercato sin da subito di non perdere tempo e dare a sua figlia possibilità e cure.

Perché nella disgrazia alcuni bambini sono più fortunati di altri. Nella disgrazia alcune famiglie sono più capaci di altre più fortunate per cultura, possibilità, chance.

C. mi dice che è dura. E’ dura per l’altro figlio che ha, è dura per l’equilibrio di una famiglia. E’ dura.

C. guarda Daniele e mi dice che è bellissimo e se ho in mente di avere un secondo figlio.

La guardo e le sorrido, raccontandole che Daniele è il mio miracolo nato con una fivet e che sì, mi piacerebbe tanto ma, come lei sa meglio di me, la vita spesso decide per noi, indipendentemente dai nostri desideri.

Mi guarda e capisce.

“Se ti abbraccio, non avere paura” sembra volerle dire Daniele che la guarda da sotto in, di lato, sorridendole con il sole in mano.

P.S.

Un abbraccio virtuale a tutti i bambini che pensano in modo differente, alle loro mamme, alle famiglie con le quali mi scuso se ho usato termini impropri, poco esatti o se ho in qualche modo leso la loro sensibilità. Ho una stima profondissima di tutte le persone, le madri in modo particolare che giorno dopo giorno si mettono in discussione, si smontano, scavano e cercano parole, silenzi, ritmi, varchi, spazi e tempi, dove raggiungere i propri figli, oltre il silenzio.

lunedì 5 agosto 2013

Un bimbo piccolo davanti ad un mare grande

Lui è biondo, praticamente bianco. Era biondo anche prima, ma adesso sembra il figlio di due lettoni. Ed e' nero. Non ha neanche il ben che minimo segno. È' integralmente abbronzato. Ha sposato la causa del naturalismo puro, quindi non posterò alcuna foto per ovvie ragioni. Vive praticamente nudo h24 allo stado brado. Un selvaggio. Lui ride. Ride h 24. Ha molto da fare con secchiello e paletta, molto da fare nell'acqua, molto da fare con il giardino, il fuoco, cioè il barbecue. Lui ha molto da fare. È che quello che ha da fare lo deve fare con me. Mi vuole vicino, sempre. Nonostante altre persone con noi, lui vuole me. Viviamo in simbiosi e ci godiamo questo tempo prezioso. I giorni scorrono lenti, hanno il ritmo semplic delle giornate al mare, l'odore di salsedine, le docce, la sabbia, l'acqua, i bagni, le serate in giardino, le zanzare. Cose piccole, piccoli doni.
Grande, semplice felicità.
Sono intensi sentimenti, emozioni che cerco di far sedimentare, espressioni che cerco di non dimenticare. Sono grata alla mia mamma che ci ha permesso tutto questo, e alla vita che mi sta regalando tanto.
Amo la mia stramba famiglia. Mio marito, mio fratello, il mio cane. Amo ogni loro assurda caratteristica, i difetti i pregi.
Questa mattina siamo arrivati presto al mare. Eravamo quasi soli. Ci tenevamo per mano lungo il bordo del mare. Le nostre ombre erano stagliate sulla sabbia. Una grande ed una piccola, piccola. Non riuscivo a trattenere le lacrime che venivano giù, silenti. " no piangere, mamma, pensa bimbo" e mi ha stretto forte.
Ho pensato che nessun dolore sarà mai pianto come l'amore.